SENSIBILITA' ALL’OSTRACISMO:            A CHE ETA' HA INIZIO.

Che l’essere umano sia un essere sociale è un elemento ormai conosciuto non solo agli esperti.  Ma, come tutte le medaglie, presenta anche una seconda faccia. Il vivere sociale offre il vantaggio di poter condividere, attraverso le relazioni, esperienze, “fatiche”, idee, e di poter potenziare tutti quegli elementi di crescita che permettono al singolo di evolvere. L’altra faccia di questa medaglia è l’esclusione sociale. Un elemento di interesse e il domandarsi da che età questo effetto, chiamato anche “ostracismo” diventa un elemento percepito e attiva meccanismi di modificazione comportamentale. Più il gruppo diventa ristretto, più le regole che lo connotano diventano verificabili e connotanti; pensiamo al modo di vestire, al portare un cappellino in un modo o in un altro, per restare a piccoli esempi. Si pensa che sia l’età adolescenziale che possa essere se non l’unica, quella significativamente impattante come creazione dell’effetto ostracismo. Ma la ricerca si è attivata nel verificare quanto tutto ciò sia vero. 

Un cenno storico. L’ostracismo era una pratica dell’antica Grecia. Si attivava attraverso una votazione dei cittadini dove, se veniva approvata, si imponeva l’esilio per una persona che era ritenuta sgradita e pericolosa per la città stessa. Il nome deriva da “ostraka” che era un pezzo di coccio su cui veniva espresso il voto per l’esilio che durava dieci anni. Questa espressione non era una modalità che dava giudizio penale e, nell’antica Atene, non era ritenuta una cosa infamante, ma era una procedura per limitare gli eccessi insiti negli atteggiamenti del giudicato. Questo provvedimento poteva riguardare anche più persone nello stesso tempo. 

Come si manifesta. Intanto dobbiamo dire che, riguardando gruppi di ampiezza varia, può interessare tutti gli ambiti sociali come: la scuola, il lavoro, lo sport e in generale le relazioni interpersonali. Si manifesta attraverso pregiudizi, discriminazione razziale e/o sessuale, le credenze e i valori personali. Questo comportamento può essere attuato in modo più o meno esplicito, ma quello che va considerato è che chi lo subisce può avere importanti ripercussioni psicologiche e di qualità di vita; ciò partendo proprio dal fatto che gli esseri umani hanno un grande bisogno di appartenere ed identificarsi in un gruppo anche se non numeroso; l’affiliazione con altri individui porta grandi vantaggi psicologici e rafforza sia la propria identità che quella di gruppo. 

L’Io componente della partecipazione sociale. In psicologia l’Io è argomento che accompagna gli studiosi forse da sempre, e probabilmente lo sarà ancora nel futuro. Ma tra le varie letture proposte nel tempo dai vari studiosi le due suggerite da Leary e Tangney possono riguardare l’appartenenza sociale. Il primo elemento è l’autocoscienza o I’autocosciente; riguarda la registrazione delle proprie esperienze e pensa i nostri pensieri e sente i nostri sentimenti,. E’ ciò che dà consapevolezza di noi stessi. Possiamo anche chiamarlo l’Io cosciente. Il secondo elemento è l’autoregolazione; questo possiamo identificarlo come l’Io che esegue e agisce. Attraverso esso mettiamo in atto il comportamento di adattamento nel ricercare il posto che vogliamo nel mondo e che per mezzo del quale possiamo andare con consapevolezza verso l’Io ideale identificato da noi. Nel momento in cui viene attuata l’azione di ostracismo o esclusione sociale e ci si sente rifiutati andare a leggere dentro di sé e riflettendo su di noi stessi, attuando quindi l’autocoscienza, diventa una cosa faticosa spesso non piacevole che ci porta ad evitare di farlo. Senza questo atto riflessivo non è possibile avviare quel meccanismo di autoregolamentazione che serve per non creare separazione tra il sé e l’Io ideale. 

Quali effetti. Subire un atto di ostracismo o esclusione sociale comporta effetti sia psicologici che fisici. Si sapeva come il rifiuto sociale attuasse le aree legate allo stress, ma nel 2009 l’università della California ha individuato il legame tra questo e il dolore fisico, il gene OPRM1. Studi recenti hanno individuato l’attivazione di varie aree legate al dolore fisico e in particolare la porzione posteriore dell’insula. Qualcuno si spinge a supporre un legame con la fibromialgia, ma ovviamente rimangono necessarie ulteriori verifiche e conferme. Oltre a quanto appena sopra accennato si deve far conto anche con la diminuzione dell’individuo di attivare comportamenti prosociali, a partire dall’empatia: capacità di riconoscere le emozioni e gli stati d’animo dell’altro. A questo dobbiamo aggiungere una diminuzione della capacità di attenzione e controllo cosciente. A livello emotivo si possono avere reazioni di rabbia con anche elementi di violenza che portano a comportamenti antisociali. Gli studi di Baumeister e Leary hanno legato alla mancata autoregolamentazione dell’Io causata proprio dall’ostracismo e esclusione sociale alla base di questi comportamenti. 

Da quando si ha la sensibilità all’ostracismo. Fino ad ora si è fatto riferimento ad età che può partire da quella scolare fino all’età adulta, ma i ricercatori si sono chiesti se questa sensibilità si attivi anche prima. A questo quesito ha provato a rispondere un gruppo di ricercatori dell’Università Bicocca di Milano, e in particolare il Bicocca Child&Baby Lab. Lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Child Developement evidenzia come già all’età di 13/14 mesi si possa subire la sensazione di esclusione sociale e di ostracismo. Gli studiosi, coordinati da Ermanno Quadrelli, docente di psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione, hanno voluto esaminare l’effetto dell’ostracismo su dei bambini di 13 e 14 mesi e in particolare del loro comportamento. 

L’esperimento consisteva nel coinvolgere i bambini in un gioco con la palla al quale partecipavano due sperimentatori. Durante il gioco, i bambini potevano ricevere e passare la palla in modo equo con gli sperimentatori, oppure venire esclusi dagli sperimentatori stessi dopo i primi due passaggi e quindi attivato il meccanismo di ostracizzazione. Le fasi dell’esperimento venivano registrate per poter permettere un’analisi più dettagliata delle espressioni facciali, vocali e della relativa postura dei bambini stessi che adottavano rispetto alle varie situazioni che si verificavano. Da questo esperimento è emerso come i bambini ostracizzati mettevano in atto comportamenti e emozioni maggiormente negative come pianto e rabbia, rispetto a sorrisi e risate, espressioni messe in atto maggiormente dai bambini inclusi. Inoltre, i bambini esclusi si dimostravano più attenti al gioco seguendo con maggior attenzione la palla e-o gli altri giocatori cercando di attirare l’attenzione di questi ultimi, probabilmente nel tentativo di essere re-coinvolti nel gioco e quindi nell’attività sociale. 

Conclusioni. Partendo dall’esperimento sopra descritto, viene dimostrato, per la prima volta, come, già dai 13 mesi, i bambini presentino una sensibilità all’ostracismo. I comportamenti registrati risultano essere coerenti con quelli osservati nei bambini più grandi e negli adulti. Questi studi, oltre a fornire nuove informazioni in merito allo sviluppo delle capacità di interazione sociale nella prima infanzia sottolineano come la sensibilità all’esclusione sociale nell’età adulta possa trovare origine nei primi mesi di vita. 

Attuare studi in questo ambito, oltre a migliorare la conoscenza sullo sviluppo sociale nei primi anni di vita, mette anche in evidenza l’importanza di un intervento precoce nel contrastare l’ostracismo e far si che, già dai primi anni di vita si possa offrire un’ambiente inclusivo. In tutto questo la famiglia e la scuola diventano i pilastri portanti che possono offrire gli elementi che potenziano le abilità socio-emotive che permettono di acquisire la capacità adattiva rispetto all’ostracismo, rendendo così possibile un impatto meno problematico con questo vissuto. Il percorso di vita, nel diventare adulti, può portare a confrontarsi con l’esclusione sociale ma che, se si ha la capacità di gestirla, si può vivere un benessere sociale e personale potendo mettere in campo tutte le proprie abilità relazionali.                                                                                   

Dott. Massimo Maroncelli