LO SPORT ELEMENTO PER LA CRESCITA PERSONALE DEL DISABILE

Nella società convivono varie componenti, ma non tutte vivono della stessa integrazione. Una che, per quanto oggi goda di una migliore visibilità, soffre di una mancata completa inclusione è il mondo disabile. 

Parlare di disabilità ci porta in una realtà complessa, variegata e tutt’altro che omogenea. Questa complessità rende più difficile, ma non impossibile, affrontarla in un modo organico. Teniamo presente come già gli ambiti in cui si esprime la disabilità vedono una macro divisione in fisica, sensoriale, e intellettiva. 

Solo da questo elemento possiamo capire come sia difficile dare una lettura uniforme alle possibilità di integrazione  e “facilitazione sociale”  in quanto ogni “categoria” richiede una sua peculiarità di intervento e all’interno della stessa vanno valutati gli elementi soggettivi di ogni individuo. 

Vuol dire che non c’è un ambito che possa offrire a tutti una prospettiva di riscatto personale e sociale? Ovviamente no. 

Oltre alla scuola, che richiede un’analisi estremamente complessa e approfondita, l’ambiente sportivo può ed è un altro mondo al quale il disabile si può rivolgere per trovare o ritrovare, a seconda se lo è dalla nascita o lo è diventato, quegli elementi di crescita personale e di riscatto sociale che servono per un benessere di vita. 

Il mondo “sport” offre molteplici discipline nel quale un soggetto disabile può cimentarsi e sperimentare le proprie capacità. 

Molto spesso è, come per il mondo dei “normodotati” il gusto è ciò che diverte che porta alla scelta. Ma, a prescindere dalla disciplina praticata, quale è l’importanza che riveste il mondo sport per un disabile? Semplificando, possiamo vederlo come un percorso formativo della persona nel suo insieme. 

Non dobbiamo dimenticare che mente e corpo fanno parte di una cosa sola che è l’essere umano, e che fra loro comunicano continuamente e a doppio senso influenzandosi reciprocamente. 

La plasticità del cervello è quel elemento che permette a tutti di evolvere di modificarsi e di trovare risorse, a volte impensate, per superare difficoltà limiti e impedimenti. 

Ogni individuo ha dentro di sé un mondo di risorse che, spesso, richiede di essere stimolato per farlo emergere. Con lo sport, fatto a qualsiasi livello, diamo la possibilità, a chi vive una disabilità, di darsi una occasione di “riabilitazione fisica”, “riabilitazione psicologica”, e “riabilitazione sociale”. 

Agire in così tante componenti dell’essere umano nello stesso tempo permette, qualora il percorso venga seguito da persone preparate e in ambienti positivi, di costruire una buona autostima e visione di sé che permetterà al bambino, adolescente, adulto, e perché no, anziano, di vivere la propria vita e le proprie relazioni interpersonali al meglio non sentendosi più un diverso tra normali, ma un unico tra unici. Una pubblicazione del 2023 presente sul sito dell’“Istat” racconta di come ancora troppo pochi disabili praticano sport. 

Su 3 milioni di disabili di vario grado, solo meno del 10% sfrutta questa opportunità di crescita personale e di integrazione sociale rinunciando a frequentare una “palestra di vita” che permetta loro di mettersi in gioco in un ambiente  “protetto” e stimolante. 

La maggior visibilità dato allo sport paraolimpico dai vari media, pare non bastare per spingere i disabili a mettersi alla prova. E' vero che quelli visti in tv sembrano “alieni” per i risultati che ottengono e per le modalità con cui riescono a farlo, ma non è niente di diverso di quello che succede nel mondo dei “normodotati” che in ogni caso, fanno sport in percentuali maggiori. 

Sicuramente il numero non elevato di operatori professionisti specifici in questo ambito, lontananza degli impianti sportivi dal luogo dove si vive e, in alcuni casi, i loro problemi di accessibilità sono degli elementi che non aiutano la pratica sportiva. 

Per concludere possiamo dire che, con una più attenta analisi, lo sport è importante per il disabile così come lo è per il “normodotato” e quindi la vera integrazione la troveremo solo quando parleremo solo di essere umano con le proprie peculiarità, e non che quest’ultime siano la caratteristica per riconoscere un individuo.                                                                                                                                                                          Massimo Maroncelli