Sento spesso parlare di empatia.
Molte volte ne sento parlare in modo scorretto.
Sono molti i clienti che ho seguito e sto seguendo che hanno un concetto di empatia e un utilizzo dell’empatia disfunzionale. La scorretta interpretazione del concetto di empatia arriva anche da come lo stesso dizionario Larousse la definisce.
Inoltre sono numerose le informazioni inesatte presenti sul web (fornite anche da parte di alcuni psicologi). La maggior parte delle volte empatia è definita come la capacità intuitiva di mettersi nei panni degli altri, di percepire quello che provano immergendosi completamente nelle loro emozioni.
Questo concetto è errato.
A volte l’empatia è definita anche assenza di giudizio. Altro concetto errato perché è quasi impossibile non avere delle percezioni giudicanti anche con le migliori intenzioni del mondo. Ma sull’argomento giudizio parlerò in un altro articolo.
Desidero condividere con voi un altro importante elemento.
Ogni caratteristica ha il suo lato positivo e il suo lato negativo. La capacità empatica è un’arma a doppio taglio se non accompagnata da equilibrio e buona capacità di regolare le proprie emozioni. Ecco perché affermo che esiste un’empatia funzionale e un’empatia disfunzionale. L’empatia mal utilizzata può essere dannosa perchè l’empatia deve essere accompagnata da un’ottima capacità di regolazione emotiva. L’empatia rimane comunque una caratteristica umana importante perché ci consente di capire meglio gli altri, essere più uniti, trovare con più facilità soluzioni ai problemi.
L’empatia aiuta a stare bene con gli altri e con sè stessi, consente di avere comprensione e capacità di mettere a proprio agio l’interlocutore ma tutto questo entro certi limiti e certe modalità. Per lungo tempo si è creduto che l’empatia avesse un ruolo esclusivamente positivo e che fosse necessaria per instaurare rapporti sociali super autentici. Non è un caso, infatti, che l’assenza di empatia sia correlata a un gran numero di disturbi di personalità.
Ma quale è quindi la modalità di utilizzo corretto ed efficace dell’empatia ?
Il comportamento empatico corretto si verifica quando immaginiamo come si sente un’altra persona in una determinata situazione, cerchiamo di adottare il suo punto di vista, restando però nei nostri panni.
Capiamo quindi come si sente, comprendiamo il suo punto di vista anche se a volte non lo condividiamo. L’empatia funzionale, sana ed efficace si verifica quindi quando riusciamo a capire le emozioni dell’interlocutore ma rimanendo nei nostri panni al fine di essere più obiettivi e di non avere un coinvolgimento totale del vissuto di quella persona.
La modalità empatica disfunzionale ed inefficace si verifica quando immaginiamo di essere noi stessi nella situazione dell’altro, viviamo come se fossimo in quello stesso contesto psico-emotivo e quindi ci mettiamo totalmente nei panni dell’altro.
Per supportare quanto sto affermando desidero citare un interessante studio effettuato su 212 volontari ai quali è stata sottoposta la possibilità di utilizzare l’empatia ascoltando la storia di un uomo con gravi problemi economici. I volontari sono stati divisi in due gruppi.
Al primo gruppo è stato chiesto di adottare il punto di vista del protagonista della storia e di rimanere nei propri panni.
Al secondo gruppo è stato chiesto invece di immedesimarsi a fondo mettendosi nei panni dell’altro.
I ricercatori hanno misurato la pressione e i battiti cardiaci di tutti i volontari e hanno scopetto che il secondo gruppo, (quindi il tipo di empatia definito disfunzionale), implica uno sforzo fisico molto più grande del primo.
Ecco l’aspetto negativo dell’empatia di immersione nei panni dell’altro: causa stanchezza psicofisica.
L’empatia di assoluta immersione nei panni dell’altro (mostrata dal secondo gruppo), può avere diversi aspetti negativi non solo per sé ma anche per il prossimo perché non si è in grado di aiutare in modalità efficace e concreta l’interlocutore.
L’empatia funzionale del primo gruppo, invece, è utile per trasformare la condivisione emotiva in aiuto pratico e concreto entrando così nella dimensione efficace del fare.
L’empatia del secondo gruppo porta a continuare solo a “sentire” indossando i panni dell’interlocutore. L’empatia assoluta non consente di aiutare nel concreto l’interlocutore. Probabilmente si ha la percezione di essere molto vicini emotivamente fino, però, ad arrivare a volte a giustificare certi comportamenti ed è questo un alto elemento negativo dell’empatia di totale immersione nei panni dell’altro.
Al contrario rimanendo nei propri panni è più probabile comprendere le difficoltà mantenendo però la lucidità per consigliare qualche rimedio. In alcune circostanze l’empatia di totale immersione può essere ancora più dannosa. Infatti chi ha una fragilità di fondo, sovente legata a un’infanzia difficile, finisce per farsi coinvolgere troppo.
Queste persone, definite “molto sensibili” possono essere autentiche vittime dell’empatia e di chi, di empatia si nutre che generalmente sono persone con tematiche di dipendenza, manipolatori, vittimisti patologici, narcisisti ecc..
ATTENZIONE: sovente la vittima ideale di un soggetto narcisista è proprio il suo esatto contrario, l’Empatico.
Con questo articolo non sto affermando che l’empatia sia qualcosa da cui astenersi!
Anzi!!!
Il mio desiderio è fare chiarezza e far comprendere che l’empatia è uno strumento e come tale diventa efficace o inefficace in funzione di come lo si utilizza.
Mi auguro quindi di essere riuscito a incoraggiare il lettore a praticare un’empatia più sana, legata a una buona capacità di regolare le proprie emozioni e di avere un maggiore spirito autoconservativo.
Per chi desidera approfondire l’argomento e fare un percorso di crescita ed evoluzione personale empatico funzionale può contattarmi al: +39 3480435819 o scrivermi alla mail: davidcardano@gmail.com